Chiesa di San Michele

La Chiesa di San Michele tra misteri e massoneria

In cima alla collina dei Tre Segni, al termine di quella che oggi è l’ormai centenaria Villa Comunale, c’è una piccola chiesa che si affaccia sul mare.

È la chiesa di San Michele Arcangelo. È di ridotte dimensioni e sorge piuttosto lontana dal borgo, sotto la giurisdizione religiosa della Chiesa di Santa Maria Maggiore. Eppure è la chiesa del santo patrono di Vasto e racchiude misteri che uno sguardo attento può scorgere nelle sue stesse mura e al suo interno. 

Al suo interno, infatti, sono venerati non solo i tre arcangeli ufficialmente riconosciuti dalla religione cattolica, ma, accanto alle statue di Michele, Gabriele e Raffaele, trovano posto le statue di Uriele, fiamma di Dio, Barachiele, adiuvante degli oppressi e dei deboli, Jeudiele, lodatore della parola di Dio, e Sealtiele, mediatore e uditore di suppliche.

Cosa ci fanno lì e perché la chiesa presenta la forma di un tempio solare ed è stata costruita con una chiara simbologia massonica? 

Oggi, infatti, la chiesa di San Michele a Vasto è un tripudio di significati allegorici. La sua disposizione, infatti, non è quella richiesta dalla dottrina cristiana con l’abside rivolta a Gerusalemme, ma è quella propria di un tempio solare, con la disposizione della croce greca ai quattro punti cardinali. La tribuna d’ingresso con il timpano a piramide simboleggia l’occhio di Dio, mentre la pianta ottagonale rimanda al simbolo della perfezione.

Per comprendere i motivi di questa inattesa simbologia bisogna sapere che l’arcangelo Michele, nel corso di duemila anni, ha riassunto in sé le caratteristiche di precedenti divinità venerate dai popoli che abbracciavano via via il cattolicesimo. Così Michele, il comandante delle schiere angeliche della bibbia ebraica, ha assunto i caratteri di Mithra, il principio della luce e della conoscenza importato dall’Oriente e venerato dai Romani nell’età imperiale. Successivamente ha preso su di sé anche i caratteri di Odino, il dio guerriero venerato dai Longobardi.

La Chiesa Cattolica ha cercato di ridimensionare la sua figura per molti secoli, prima vietando il culto di alcuni arcangeli, poi cercando di sostituire Michele con altri santi “guerrieri”, generalmente soldati romani che avevano abbracciato il martirio. Così la Chiesa smise di identificare Vasto con il nome romano, che nei documenti papali fino al 1131 era quello di Istonium Sancti Archangeli, “Istonio di Sant’Arcangelo”. Poi, nel ‘700 proclamò patrono della città San Teodoro di Arimatea.

Il culto di San Michele, evidentemente era presente da troppo tempo per essere dimenticato e i suoi significati simbolici furono assunti dalla Carboneria all’inizio dell’800, al punto che nel 1820 i Vastesi presero la statua dell’Arcangelo e la portarono nella cattedrale di San Giuseppe per conferirgli la fascia di Gran Maestro della Carboneria.

Non deve stupire, quindi, che nel 1827 la Chiesa accolse le richieste della cittadinanza e proclamò San Michele nuovo patrono cittadino. Nel 1835 si decise di ricostruire la chiesa e il culto dell’Arcangelo venne così ricollegato anche architettonicamente ai suoi significati più profondi.

La Chiesa di San Michele è nel nostro itinerario:

IL CAPOLUOGO BORBONICO

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